Coltivare le connessioni

Ho trasformato la trilogia di post Coltivare le connessioni in un pamphlet dove ho incluso anche i commenti fatti dagli studenti ed altri “contaminatori”.


21 pensieri riguardo “Coltivare le connessioni”

  1. Il tessuto sociale arcaico era denso di relazioni umane ed era necessario conoscere implicitamente molti fenomeni naturali per sopravvivere.

    Non ho sostenuto che quelli fossero tempi idilliaci. Dominavano ignoranza, violenze di ogni tipo, soprusi, fatica da urlare, miseria devastante, sporcizia.

    Ma c’era un tessuto di relazioni.

    Oggi c’è molta più sicurezza e la vita in confronto a quelle difficoltà è diventata una cosa da ridere. Ma non c’è più il tessuto di relazioni umane.

    Non si tratta di decidere cosa sia meglio o peggio, si tratta di rendersi conto di come stavano e stanno le cose.

    Per quanto concerne i miei ricordi risalgono oltre a quelli del nonno a tutto il tempo che ho passato, circa fra otto e 12 anni, in una casa di mezzadri composta di due famiglie.

    Ricordo le fatiche e le bestemmie (per un periodo ho creduto che con le porchemadonne i bovi che trainavano l’aratro andassero da una parte e con i porcoddii andassero dall’altra) ma ricordo le cene delle battiture o delle vendemmie, un po’ come le cene che chiudono le avventure di Asterix e Obelix.

    Ho rinforzato queste esperienze facendo amicizia con una famiglia di contadini dove abito ora. Quando avevo circa 30-35 anni andavo a fare qualche giornata a lavorare con loro. Ci andavo gratis giusto per stare con loro, parlare con loro e cercare di capire.

  2. Ah, scusi per un commento +1, ma per caso è presente il link al mio blog, dal mio nome che appare sopra ai miei commenti? io lo vedo grigio e ho interpellato pure Baphometto, nessuno mi ha saputo dare una risposta sensata. In caso non si veda il link, non è che qualcuno potrebbe darmi una mano? Sta cominciando ad essere frustrante ._.

  3. Professore, sto leggendo in questi giorni il pdf, e mi sto appuntando via via le cose su cui avrò qualcosa da dire quando avrò finito. Però volevo fare un appunto, riprendendo da dove il collega Lorenzo o asterione dirsivoglia era arrivato. Una cosa veloce, avrò modo di approfondire nel mio intervento finale. Mi preme sopratutto il discorso della solidarietà nella comunità rurale. Ora, pur credendo anche io che il mitizzare il passato sia pratica naturale e comune dell’uomo, sono certo, dato che lei mi sembra essere una persona “moderna” (in senso buono, spero che mi capisca) e intelligente, che i suoi ricordi sui suoi nonni siano autentici. Magari lei ha avuto la fortuna di vivere in un circondario rurale particolarmente felice, ma mia madre, che è cresciuta verso Pisa in ambiente campagnolo quanto il suo, ha vissuto esperienze radicalmente opposte. Dove lei vedeva solidarietà “perchè non si poteva fare altro altrimenti si affondava” (parafraso, non ho voglia di copiaincollare, mi perdoni), mia madre ha visto esattamente lo stesso solipsismo di cui lei sembra accusare solo i “moderni”. ora, di esperienza in esperienza non si finirebbe più, ma la statistica è chiara, gli episodi condannabili (dal furto, allo stupro dentro e fuori il nucleo familiare, all’omicidio), dai bei tempi che furono, non sono per niente aumentati, anzi. Il suo amico novantaseienne, che giustamente evidenzia l’apparente paradosso di una generazione che ha tutto e sembra non essere contenta di niente, non tiene conto di un punto fondamentale. Le vecchie generazioni, e lo dico con tutto il rispetto che posso avere in quanto nipote di contadini, erano abissalmente ignoranti (nel senso più stretto del termine, non ho la benchè minima intenzione di offendere). E l’ignoranza è il primo passo verso la felicità.

  4. Riguardo alle piaghe riconducibili a solipsismo e egocentrismo tu dici, asterione88 …

    “… avevo maturato l’idea che la “società dei nonni” fosse diversa, molto diversa da quella in cui vivo io.”

    in riposta alla mia affermazione che la generazione dei padri era pesantemente afflitta da tali mali.

    In effetti la questione necessita di un ulteriore approfondimento perché c’è del vero in ciò che dici.

    Fissiamo qualche riferimento temporale: grosso modo i miei nonni erano gente nata ad inizio 900, i miei padri circa fra 1920 e 1930, la mia generazione fra 1950 e 1960, i miei figli fra 1980 e 1990. Tu sei fra i miei figli, io sono fra i tuoi padri, i tuoi nonni sono fra i miei padri, più o meno. Giusto?

    La società era molto diversa ma era la società dei miei nonni (tuoi bisnonni) ad essere nitidamente diversa. In particolare la società arcaica di natura contadina, a quei tempi la gran parte del popolo.

    La generazione dei miei padri (tuoi nonni) è stata invece una generazione di transizione nel corso della quale è andato dissolvendosi un tessuto connettivo antico lasciando le persone molto sole.

    Ho rinforzato questa convinzione vivendo la mia “età matura” in una comunità di campagna e ricercando costantemente riferimenti nel passato. Ho avuto così la fortuna di prolungare il contatto con la generazione dei miei nonni laddove quelli di sangue mi erano già morti da un pezzo.

    La vita nelle comunità di mezzadri dell’italia centrale e nelle altre forme di conduzione in altre parti di Italia era durissima e costellata di vicende tragiche ma proprio tali condizioni favorivano negli ambienti rurali un senso di appartenenza alla comunità, una solidarietà e uno spirito di cooperazione che nel processo di urbanizzazione vissuto dai miei padri (tuoi nonni) si è completamente dissolto.

    Frase tipica di un mio amico che ora ha 95 anni:

    “vedi Andrea, noi un s’avea nulla di quello che avete voi oggi e si dovea lavorare come bestie … eppure un vedo nessuno oggi ridere e scherzare come ci succedea a noi quando si lavorava insieme o quando si stava a veglia … gli è tanto triste il mondo oggi …”

    Le famiglie della mia generazione, intese come nucleo madre-padre-figli, hanno vissuto in condizioni di quasi totale isolamento rispetto a quelle della generazione precedente, dove le famiglie cooperavano e si aggregavano per far fronte alle necessità di vita.

    In questo contesto, pur fra stenti, sofferenze e tragedie, si alimentavano valori umani positivi. Ci doveva essere un limite a solipsismo e egocentrismo perché controproducenti per la sopravvivenza.

    I miei padri hanno invece vissuto a testa bassa per mettere il frigorifero in casa e trasformare la vespa e la lambretta in una 600 in un crescendo che ha stordito molti.

    In questo processo di dissoluzione del tessuto sociale arcaico si sono persi molti valori di solidarietà. Penso che tale processo sia dovuto all’industrializzazione della società, alla conseguente inurbazione della popolazione ed alla successiva emergenza del terziario.

    C’è un film che mi è piaciuto molto dove si descrive molto bene il fenomeno. È “Il vento fa il suo giro” di Giorgio Diritti: http://www.youtube.com/watch?v=f6w6415d0BQ

  5. @ iamarf: Io ovviamente sono troppo giovane per poter parlare con completa cognizione di causa della mentalità e della cultura prima della fine degli anni ’90 – conosco la macrostoria recente, ovviamente, ma non la microstoria, ovvero la cultura della gente comune, la mentalità, e così via.

    Per quanto riguarda tutti i problemi menzionati (mediocrità dei mass media, solipsismo, egocentrismo, etc.), da quel che mi viene raccontato dai nonni e dai miei genitori onestamente credevo che non fosse sempre stato così. Ovviamente nei propri ricordi si idealizza, e così hanno fatto nonni e genitori raccontandomi della propria infanzia; ad ogni modo, avevo maturato l’idea che la “società dei nonni” fosse diversa, molto diversa da quella in cui vivo io. Io penso che questa società di cui mi è stato parlato contenesse in sé le premesse della società moderna, la quale ha completamente sviluppato queste premesse e in certi casi le ha estremizzate (e penso al grafico esponenziale della prima parte del pamphlet). In altre parole, se Lei mi dice che i problemi di cui ho parlato c’erano prima di internet mi fido, però credo anche che internet li abbia amplificati, no? (su questo mi deve dare una risposta Lei, perché io non ho un termine di paragone oggettivo)

    Sulla mediocrità dei mass media non ho mai avuto dubbi che sia sempre esistita – tutte le dittature, tutti gli imperi, tutti i poteri, hanno sempre utilizzato l’informazione controllata e distorta per i propri fini… però la velocità e la facilità con cui oggi le informazioni sono disponibili credo renda per tanti versi più facile questa operazione. Un esempio? mi ha sempre colpito il ruolo che i media hanno e hanno avuto nel determinare la percezione della sicurezza nel nostro paese. Negli ultimi giorni sono state presentate una serie di notizie di stupri “a cascata”: è facile cominciare a parlare di “emergenza stupri”, “emergenza sicurezza”, etc. Peccato che nessuno dice che in Italia gli stupri denunciati sono 2700 l’anno… circa 7 al giorno. Ed è sempre stato così, non è una cosa degli ultimi giorni! Questo è un tipico utilizzo distorto dell’informazione, a testimonianza del pressappochismo dei mass media (io sono solito dire che i giornalisti sono dei maiali), che mi pare però facilitato dalla disponibilità delle informazioni, dalla rapidità con cui le agenzie pubblicano le notizie sul loro sito, etc.

    È una mia tendenza quella di concentrarmi spesso sugli aspetti negativi delle cose, un tratto della mia personalità… non voglio fare l’uccellaccio del malaugurio, il disfattista, però i lati negativi, insieme ai lati positivi, contribuiscono ad avere una visione completa di un fenomeno. Sono parte inscindibile di ogni cosa, e sottolineare quali sono i difetti può portare ad un miglioramento – nell’oratoria antica, i discorsi avevano una pars destruens e una pars costruens. Io trovo che in questo senso ci si stia muovendo bene: per esempio, stanno nascendo una serie di siti (Technorati, Del.icio.us, etc.) per il bookmarking – o più in generale, la selezione dei contenuti. Anche il sistema dei feed sta assumendo, e assumerà, un ruolo prominente nella scelta dei contenuti. Secondo me si tratta di servizi intelligenti che diverranno sempre più importanti in futuro; si deve imparare ad usarli per selezionare, nel mondo caotico di internet, quelli che sono i picchi di eccellenza di cui parlavo.

    @ Mariagrazia: “Occorre quindi apprendere a distinguere ciò che è documentato e ciò che non lo è, la fuffa dalla roba buona. E per questo non basta saper smanettare su di una tastiera. Bisogna studiare ed esercitare senso critico. Individuare i luoghi dove è più probabile che ci siano materiali e discussioni interessanti.”

    Salve Mariagrazia. Sono d’accordo con quello che hai scritto. Quello delle fonti è il grosso problema di Internet… come dicevo, il bookmarking è fondamentale per operare una scrematura tra i centri nevralgici e validi di Internet (nella blogosfera, nei forum, etc.) e il resto.

    Grazie per le risposte!

  6. Certo che c’è bisogno di un post per risponderti ma il pranzo aspetta e appunto giusto un paio di cose… Anche se c’è tanta roba in Internet 🙂 non è detto che dobbiamo fruirne per forza. Leggevo l’altro giorno che solo il 10% dei contenuti della Rete riescono ad essere sondati dai motori di ricerca.
    Per il rimanente 90%, aggiungo io, sono le relazioni e la ricerca personale che permette l’accesso.
    I blog non dovrebbero essere *solo* una vetrina o un pulpito da cui esternare la nostra opinione ma un luogo per generare discussioni e intessere nuove relazioni umane (e, magari, culturali). Non è detto che bisogna leggerne e frequentarne centinaia (che poi come si fa, dico io…) ma “affezionarsi” a pochi ed esercitare una sana seredipty può dare soddisfazioni notevoli.
    Occorre quindi apprendere a distinguere ciò che è documentato e ciò che non lo è, la fuffa dalla roba buona. E per questo non basta saper smanettare su di una tastiera. Bisogna studiare ed esercitare senso critico. Individuare i luoghi dove è più probabile che ci siano materiali e discussioni interessanti. Arricchire in prima persona il patrimonio culturale di Internet, con un lavoro serio perché appassionato. Ora scappo! Buona domenica 🙂

  7. I blog possono acquistare valore quando sono scritti per ascoltare.

    Ci vuole tempo per capirlo.

    L’alternativa è rimanere intrappolati in luoghi comuni banali.

    La massa ha prodotto Linux, un prodotto vincente, ma soprattutto l’emergenza di un paradigma di produzione nuovo, o per lo meno nuovo per le nostre menti malate di antropocentrismo, usuale invece per la Natura.

    C’è valore positivo in questo. Lo hanno capito persino alcune multinazionali come IBM, Procter & Gamble, GoldCorp.

    Se vuoi vedere i lati negativi e solo quelli lo puoi fare con qualsiasi cosa. È molto facile.

    Conosco molte persone straordinarie che non passano il tempo ad aggiornare i propri profili ma portano avanti progetti formidabili utilizzando positivamente la rete.

    Ho vissuto i primi 45 anni della mia vita soffrendo molto dell’incapacità di ascoltare l’altro, dell’incapacità di uscire dal proprio ambito, dal proprio ruolo, della passività nel subire i mass media, della scarissima qualità dell’informazione, del suo eccesso, della pressapocaggine dei mass media, del loro asservimento al potere. Internet non c’entra nulla. Questi fenomeni negativi c’erano e in una forma decisamente peggiore.

    La quantità e la mancanza di una cultura adeguata per saperne trarre vantaggio era un problema ben prima di Internet. Ho conosciuto moltissime persone affogare nella loro collezione di diapositive di viaggi, di cassette vhs, di cd-rom, di dischi in vinile, di libri. Tutte quantità assolutamente ingestibili e spesso inutili. Ben prima di mp3.

    Del solipsismo e dell’egocentrismo io ho sofferto moltissimo sin dalla scuola elementare, che ho iniziato nel 1960, è una malattia della nostra società che risale a ben prima di Internet. La generazione dei miei padri ne era profondamente afflitta. Faccio ancora fatica a liberarmente.

    La mediocrità ha caratterizzato i mass media quasi subito dopo la loro apparizione, appena questi si sono rivelati un grosso business. E subito si sono rivelati un formidabile strumento di gestione del potere. Balzac l’aveva già previsto perfettamente nella sua trilogia.

    Se uno affronta il mondo, e quindi internet che lo rappresenta, pensando solo ad affermare la propria personalità, magari trovando solo il male nelle cose, riceverà poco indietro.

    Se uno invece impara ad ascoltare e a cogliere il positivo e costruirci sopra ogni volta che sia possibile, allora riceverà molto.

    Prima e dopo internet.

  8. Salve Professore. Ho letto con molto interesse questo pamphlet, ci sono diverse parti che mi hanno incuriosito. Per l’appunto, prima di finire di leggere tutto (mi manca la terza parte) volevo commentare un passaggio relativo alla seconda parte – lo faccio adesso perché mi sono venute un sacco di idee e temo di perderle se non scrivo subito! Prima di tutto:

    “La quantità di opportunità offerte da internet è sconvolgente e non era immaginabile fino a 10 anni fa. Eppure sembra prevalere nell’opinione delle persone, e forse con ragione, l’idea di una cosa effimera, dove la quantità prevale sulla qualità, la stupidità sulla profondità.
    È veramente così? Laddove c’è massa è inevitabile che la qualità scompaia e prevalga il peggio? Internet, con la sua straordinaria capacità di fluidificare l’informazione, è la chiara dimostrazione di questa triste tesi?”

    Tanto per unirmi alla schiera di pessimisti, la mia risposta a queste domande è: sì. Comunque, non è questo il punto più importante… spiegherò meglio dopo.

    Lei prosegue parlando della mancanza di capacità di comunicare, di ascoltare ed in generale di relazionarsi ad altre entità viventi – adducendo come cause di questo depauperamento l’atomizzazione della società e la sua scolarizzazione che non coincide con la formazione. Io aggiungerei anche che i due fenomeni (la massificazione di Internet e l’incapacità di comunicare) siano, paradossalmente, in qualche modo interconnessi. Mi spiego.

    Internet è entrato nella sua fase di Web 2.0: gli utenti non “subiscono” più i contenuti proposti da qualcun altro, ma partecipano attivamente alla creazione dei contenuti. Nascono i siti di condivisione, come Youtube, il cui nucleo vitale sono gli utenti. Esplodono anche i social network (facebook, myspace, netlog), che non sono altro che siti in cui i contenuti sono rappresentati dagli utenti stessi (o meglio, dai loro profili); idem con i blog.

    Quali sono stati però gli effetti di questo nuovo modo di concepire la rete? Ci siamo abituati ad essere i protagonisti. Emblematicamente, nel 2006 il Times dedica la copertina per “l’uomo dell’anno” non ad un personaggio particolare, ma per la prima volta, al lettore: “Person of the Year: You”. Ci siamo abituati ad essere protagonisti, ci siamo abituati ad essere interessanti, ci siamo abituati al fatto che la nostra opinione conti qualcosa – almeno superficialmente. La gente si è concentrata sul sé, piuttosto che sul fuori di sé. L’introspezione ha la precedenza sull’osservazione, il parlare di sé sull’ascolto dell’altro. Passiamo ore ad aggiornare e mettere a punto il profilo su facebook, ma magari leggiamo superficialmente quello della persona che aggiungiamo come amico. E questo non farà che acuire l’atomizzazione della società: il modello della persona di successo proposto oggi è quello della persona indipendente, autonoma. Sembra quasi che sia la società che si adatta al singolo, proprio come sono i contenuti di Internet ad adattarsi all’utenza. Ovviamente non sto dicendo che Internet condiziona la nostra società fino a questo punto; dico che il modificarsi di Internet di pari passo con la società testimonia una tendenza, un cambiamento della mentalità.

    Ancora un esempio, per illustrare un secondo concetto: gli mp3 e il modo di ascoltarli. Prima della diffusione capillare di connessioni a banda larga (che hanno reso facile lo scaricamento gratuito della musica), e prima dell’invenzione del Cd, si possedeva poca musica, che si ascoltava quindi meglio ed era più facilmente interiorizzabile. Adesso per ciascuno di noi è facile avere anche centinaia di mp3 salvati nell’iPod… con il risultato che una certa quantità non vengono mai ascoltati, alcuni si ascoltano ma non più di un paio di volte, e solo una frazione esigua si ascolta regolarmente – osservo questo tipo di comportamento nella maggior parte dei miei amici. In altre parole, la musica in mp3 non ci dà più niente, e non siamo in grado di ascoltarla come si faceva prima con i Cd, perché è tanta. Tanta informazione, e il concentrarsi su sé stessi, ci rendono refrattari ad ascoltare, ci rendono refrattari a ciò che ci circonda. Siamo saturati dalle informazioni.

    Tornando al punto iniziale (la domanda: la massificazione significa perdita di qualità?)… Ho spiegato come internet oggi sia soffocato dal solipsismo e dall’egocentrismo dei suoi utenti: tutti credono che la loro opinione sia importante (e sia chiaro: non me ne sto tirando fuori), e la libera espressione non si nega a nessuno. Oggi chiunque può aprire uno spazio su Internet e scrivere quello che vuole: non ci sono canali ufficiali in senso assoluto. In altre parole, prima di internet avevamo un “piccolo fiume dell’informazione”: pochi media, i canali ufficiali sono quelli, c’è una versione ufficiale dell’informazione, etc; oggi abbiamo un “grande fiume dell’informazione”: ma il grande fiume porta con sé ramoscelli, impurità, e la sua acqua è fangosa, limacciosa, non limpida come quella del piccolo ruscello. Metaforicamente (visto che le metafore si sono dimostrare così efficaci) sto dicendo che siccome ognuno può scrivere quello che vuole, su Internet si trova scritto tutto e il contrario di tutto. Permangono le fonti ufficiali, ma spesso sono soppiantate dall’informazione intestina, sotterranea, non ufficiale, non documentata. E più aumenta l’importanza del singolo, dell’utente, unitamente al fatto che sempre più persone hanno accesso ad Internet, più questa tendenza si rinforza. Prevale la quantità sulla qualità.

    Inoltre, come tendenza generale, si vede che il massificarsi di un fenomeno determina il suo appiattimento, il suo assestarsi su valori medii. La mediocrità. Questo naturalmente non esclude picchi di eccellenza; allo stesso modo, il massificarsi di Internet non esclude che si producano buoni risultati, come ha sottolineato Lei. Ma quanti sono questi buoni risultati, rispetto alla sterminata quantità di risultati mediocri, e rispetto ai picchi in negativo? Pochi. Esempio pratico: Youtube. Migliaia e migliaia di video; solo pochi sono davvero interessanti (uso volutamente un termine generico), poi c’è una certa quantità di video moderatamente interessanti, una grande quantità di video mediocri, e infine ci sono proprio i video che se non venivano uploadati era meglio (i picchi in negativo; es. i video di bravate, etc.). Concludo il mio intervento così perché è veramente lungo… Intanto, leggerò la terza parte!

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