Compito 6, variazione super-facoltativa ;-)

Cambio il titolo del seminario da Partecipazione a I Care

Seminario

“I Care”

Aula grande Cubo

Martedì 8 Aprile

Ore 10:30

Chi ha voglia, o qualcosa ha subodorato, razzolando in Internet provi a commentare che senso ha questo nuovo titolo …

20 pensieri riguardo “Compito 6, variazione super-facoltativa ;-)”

  1. I care… ho cercato di far sì che sia il filo conduttore della mia vita e della mia professione alcune volte ci sono riuscita altre no, ma, se nessuno e perfetto, tutti siamo perfettibili!

  2. ‘I CARE’.i care…….i care……………….Questo voglio sentire dentro di me ogni volta che mi sento in difficoltà.
    Questo vuole dire che dobbiamo essere sempre presenti in ogni momento della nostra vità che non è come una lezione a cui puoi mancare e te lo mettono i tuoi amici la firma.ogni firma non messa da parte tua e un fallimento.
    Non so se mi sono spiegata ma almeno mi sento consapevole che io devo essere sempre.A me interessa tutto anche ai quelli che ‘non soporto’ o che non mi soportano.
    ‘I Care’ is not difficult to say only try to say it,it’s a sample word with a large definition.
    Prof. ho una domanda:io non ho la lavoratò con il mio blog per quasi 3settimane.adesso ho cominciato,ma non è tardi per i compiti?voglio sapere se i miei punteggi sono abbassati.
    grazie per questo,ci avete aiutato di capire che interessarsi su cose piccole vuole dire che ti sei interessato di cose piu grandi di quelle che hai fatto fin orà.SO i CARE

  3. Salve Prof. Mi è venuto un dubbio. Ho messo le registrazioni di BIOCHIMICA e di ISTOLOGIA sul mio blog (ci faccia un giretto ogni tanto 🙂 ). Per questo potrei essere arrestata??? Dal discorso fatto oggi all’incontro…. Devo cancellarle???? Ma l’ho fatto in buona fede.. Aspetto una risposta.
    Saluti.. Terry

  4. Le parole ‘I care’, in un mondo dove uno degli atti più frequenti è alzare le spalle in senso di disinteresse o di ignoranza, e ‘non me ne importa’ è una delle risposte più facili da dare nei momenti di difficoltà, quando si vuole velare una propria mancanza dietro un comportamento, se si vuole, un po’ anarchico, sono di effetto, suonano come un invito a prendersi le proprie responsabilità…e il fatto che siano in inglese, le rafforza ancor di più..perchè l’ingese è la lingua mondiale..e così potrebbe essere una dichiarazione rivolta veramente a tutti!

  5. In linea di massima condivido le idee espresse dai miei colleghi anche se mi distacco da FRANCESCA perchè sarebbe riduttivo se con l’espressione “I care” il prof. avesse voluto spostare l’ago della bilancia sulla sua esperienza personale.
    Ritengo al contrario che la variazione del titolo del seminario risieda nella volontà di sottolineare la necessità di adesione soggettiva ai problemi collegati al contesto, alla comunicazione e alle sue regole(copyright, fair use o quant altro)dal momento che, riguardano la nostra esperienza di studenti oggi e quella di mestieranti domani.
    L’espressione “I care”, dunque, non è per niente casuale ma indica coinvolgimento, partecipazione attiva ed abbraccia un’area semantica più ampia del semplice termine “partecipazione”…lo sappiamo bene noi che tutti i giorni PARTECIPIAMO alle lezioni.

  6. Scrive Don Milani: “La scuola, in questo popolo e in questo mondo, non è uno dei tanti metodi possibili, ma mezzo necessario e passaggio obbligato”. Se ci fermiamo a riflettere, per un momento, su queste parole, ci accorgiamo come tutto, nel mondo moderno, sia cambiato:i ragazzi fanno salti di gioia quando si tratta di saltare un giorno di scuola o prolungare la ricreazione di qualche minuto, molti considerano lo studio come un peso, una perdita di tempo che sottrae minuti preziosi ad altre attività. Don Milani intende, tuttavia, sottolineare che l’istruzione è una presa di coscienza, un modo per sfuggire alla schiavitù, nonchè il MEZZO con cui l’uomo si distingue dagli altri esseri animali. Per questo il prete scrive, su un cartello, all’ingresso della scuola di Barbiana, ‘I care'(io mi prendo cura, io ci sono) con l’intento di assistere, giorno dopo giorno, alla maturazione interiore ed intellettuale di un gruppo di giovani contadini, sottraendoli al lavoro dei campi, in un mondo insensibile e pressochè irraggiungibile anche dalla vicina Firenze. Qui si potrebbe aprire una parentesi sulla facilità e sulla rapidità che caratterizzano, oggigiorno, il modo di comunicare, ma, soprattutto, sulla sua scarsezza di contenuti e di messaggi positivi. Perchè allora non mettiamo da parte un po’ dei nostri ‘me ne frego’ e cominciamo davvero a imparare e capire?

  7. Premesso che:
    1) condivido le considerazioni sulla necessità di partecipazione e interessamento, particolarmente in occasioni formative di carattere innovativo (per i temi ed i modi di presentazione);
    2) gradisco esplicitare una posizione di diametrale distanza dalle posizioni di chi ha coniato il motto antitetico ad “I care” come ricordatoci da Duccio;
    a titolo di possibile integrazione delle motivazioni, visto chi è ospite del seminario, potrei pensare anche ad un riferimento a “I care about”, inteso come preoccuparsi di qualcosa. Non per averne paura, ma per avere ben presenti i vincoli del contesto (eccoci!) normativo nel quale mi muovo, perchè nella ricerca della più ampia libertà di scambio di esperienze ed informazioni, in particolare attraverso gli strumenti informatici (ma non solo, come è capitato a 02Pd, vedi ElvLog), rimanga nei limiti del possibile su un terreno di regolarità. Almeno sostanziale.

  8. Anche io sono d’accordo con gli amici Duccio, Francy e SaraH… “I Care” come slogan di una partecipazione attiva e interessata e non solo un fare presenza. In fin dei conti questo messaggio è uno di quelli che il professore con la suo corso di informatica “un po’ fuori dai soliti schemi” (e tanto più con l’ultimo argomento di discussione sul contesto) sta portando avanti dall’inizio.

  9. E’ una frase importante “I care”: è un messaggio forte, un prendersi delle responsabilità.
    Chi la dice non vuole nascondersi dietro gli altri, non tira in ballo i potenti o la società, ma decide consapevolmente di uscire allo scoperto ed ha il coraggio di dire: “io ci sono, me ne assumo la responsabilità”.
    Non io assieme agli altri, ma proprio io in prima persona decido di farmi avanti, mi dichiaro partecipe, cerco di essere utile.
    So che posso e dico che devo.

  10. Penso che la differenza tra “partecipazione” e “care” sia molto sottile. “Care” è sinonimo di cura, di interesse, di un qualcosa che si fa non soggiacendo ad un obbligo ma per libera scelta. Anche essere partecipe può significare provare interesse per qualcosa, ma non necessariamente è così: “partecipare” può essere infatti anche inteso come sinonimo di essere presente, il che non significa effettivamente avere a cuore l’argomento in questione. Facendo riferimento al fumetto Bond By Law che ci è stato consigliato di leggere, inoltre, mi viene da pensare al “care of”, “a cura di”, con riferimento all’argomento del copyright, alla libertà che certe idee dovrebbero avere senza sottostare agli intrecci legislativi e burocratici che frenano la diffusione delle idee impedendo una collaborazione più globale. Forse quello che dovrebbe interessarci sarebbe scoprire un metodo per diffondere liberamente le idee senza che queste possano essere incatenate da altri vincoli…?!

  11. Anch’io sono d’accordo con Duccio! “I care” da Don Milani e dalla sua scuola di Barbiana in antitesi non solo col fascismo, ma con una scuola sbaglata piena di ingiustizie e differenze sociali. Va interpretata nel senso di “mi interessa, è qualcosa che mi riguarda da vicino, che mi coinvolge”, per tornare a Lee LeFever che ha un contesto, che esiste e di cui mi voglio e devo occuparmi. E’ bello infine vederlo come una spinta proveniente soprattutto da noi ragazzi. Da Don Milani “I care” è diventato un motto diffuso e da questo trae nome anche una riforma proposta da Fioroni………………………………………………………….We care!!!

  12. Non mi trovo molto d’accordo con quanto asserito da Francesca. Questo “I Care” lo prenderei come un “Mi Interessa”. Vediamo di spiegare ora cosa significa. Almeno per me, vuol dire che una persona può interessarsi nel modo più sincero al seminario ma non avere per motivi pratici la possibilità di esservi presente, mentre altri possono presenziarvi senza però essere veramente interessati a cosa viene trattato a questo seminario. Ora, dove sta la differenza? Niente di più semplice. La differenza sta nel fatto che chi ne è veramente interessato, pur non potendo parteciparvi direttamente, troverà il modo tramite vie alternative di informarsi su cosa è stato detto (i.e. riprese e foto proposte dal Professore), mentre coloro che non provano lo stesso interesse ma potranno essere presenti saranno pressochè limitati al ruolo di scaldasedie. Ecco dunque che non è la partecipazione (intesa sempre come partecipazione diretta) la parte più importante del compito a noi proposti, quanto l’essere genuinamente interessati; tutto questo si inserisce in un contesto (per restare in tema con il Post di Lee LeFever) assai più ampio.

  13. Beh, io sono d’accordo con Duccio…credo si sia ispirato alla celebre frase di don Milani, o sbaglio?! “I care” è un motto fantastico…il contrario del “me ne frego” sempre più attribuito a noi giovani…che purtroppo è abbastanza calzante…ma noi combatteremo contro tutto ciò, giusto?!

  14. PARTECIPAZIONE: Presenza, adesione di una o più persone a un’attività, a una manifestazione.

    CURA: Occuparsi con assiduità e premura (un libro, una mostra, un seminario, un convegno, uno spettacolo) occuparsi della pubblicazione, dell’allestimento.

    Secondo quello che ho capito ha scelto questo nuovo titolo perchè lei ha preso cura dello svoglimento nei minimi particolari del seminario, poichè lei è il curatore di esso e non una presenza, come potremo essere noi studenti.

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